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Ergastolo ostativo: dalla Corte Costituzionale al D.L. 162/2022

Ergastolo ostativo: dalla Corte Costituzionale al D.L. 162/2022

Di Giulia Piazzalunga, Avvocato

Quando si parla di ergastolo ostativo si fa riferimento alla disciplina di cui all’art. 4-bis dell’Ordinamento penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354), elaborata nei primi anni Novanta nell’ambito della legislazione d’emergenza che rappresentò la risposta dell’ordinamento alle stragi di mafia. All’epoca, dunque, l’obiettivo principale era quello di realizzare misure forti per contrastare le grandi organizzazioni criminali.

Sono sottoposti alla pena dell’ergastolo ostativo i soggetti che abbiano commesso gravi reati tassativamente indicati dal legislatore, tra i quali: associazione mafiosa e criminalità organizzata, pedopornografia, prostituzione minorile, tratta di persone, riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, terrorismo, violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona a scopo di estorsione e alcuni gravi reati in materia di droga e traffico di migranti.

La pena dell’ergastolo ostativo comporta alcuni limiti per accedere ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione: prima della novella dell’ottobre del 2022, a differenza del condannato all’ergastolo ordinario, l’accesso a tali benefici era subordinato alla collaborazione con la giustizia ex art. 58-ter dell’Ordinamento penitenziario.

A tale regola generale facevano eccezione le ipotesi di collaborazione impossibile e irrilevante: qualora la collaborazione risultasse oggettivamente irrilevante oppure l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile, rendesse comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia, i benefici potevano essere concessi solo se fossero stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

Con sentenza n. 135 del 2003, la Consulta aveva difeso l’ergastolo ostativo rigettando le questioni di costituzionalità, chiarendo che “la preclusione prevista dall’art. 4-bis, comma 1, primo periodo, dell’ordinamento penitenziario non è conseguenza che discende automaticamente dalla norma censurata, ma deriva dalla scelta del condannato di non collaborare, pur essendo nelle condizioni per farlo: tale disciplina non preclude pertanto in maniera assoluta l’ammissione al beneficio, in quanto al condannato è comunque data la possibilità di cambiare la propria scelta”. 

Successivamente, la posizione della Corte di Strasburgo mutava tale posizione: la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 13 giugno 2019 relativa al caso “Viola c. Italia” di fatto condannava la disciplina dell’ergastolo ostativo in Italia, ritenuta lesiva dell’art. 3 CEDU, che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti, consigliandone una riforma. 

Per la CEDU, considerando la collaborazione con le autorità come la sola dimostrazione possibile della “dissociazione” del condannato e del suo cambiamento, non si teneva conto di altri elementi che permettevano di valutare i progressi compiuti dal detenuto, potendosi tale “dissociazione” esprimersi in modo diverso dalla collaborazione con la giustizia. 

La sentenza della CEDU veniva seguita da due pronunce della Corte Costituzionale, nel 2019 e nel 2021, che dichiaravano illegittima la presunta pericolosità sociale del condannato fondata sul mero rifiuto di collaborare, in quanto irragionevole e in contrasto con l’articolo 27, comma 3, della Costituzione, sollecitando un intervento del legislatore, entro un anno, volto a rimediare all’incostituzionalità dell’ergastolo.

Pertanto, il Governo ha emanato il D.L. n. 162 del 31 ottobre 2022, modificando la disciplina dell’ergastolo ostativo. In particolare, la novella consente agli ergastolani ostativi di accedere ai benefici non solo in caso di collaborazione, ma anche qualora sussistano altre circostanze, tra le quali: l’adempimento degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna (o l’assoluta impossibilità di tale adempimento), la partecipazione al percorso rieducativo, la dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza e le iniziative dell’interessato a favore delle vittime.

Avv. Giulia Piazzalunga

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Nicola Fiorin

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