LO STUDIO DI BANCA D’ITALIA SULL’ARGOMENTO: ANALISI E PROSPETTIVE PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA DELLA NOSTRA ECONOMIA.
E’ stato recensente pubblicato lo studio di banca d’Italia relativo al rapporto tra i cambiamenti climatici e l’economia, tema di stringente attualità reso ancora più drammaticamente urgente dalla necessità indotta peri paese dell’area UE di emanciparsi dalla dipendenza dalla Russia delle forniture di gas, secondo il piano RE-POWER della Commissione Europea
Il cambiamento climatico, infatti, non è un processo irreversibile e contro il quale non esistono forme di difesa, ma un fenomeno complesso che lega a doppio filo dinamiche socioeconomiche e naturali: da un lato i comportamenti delle persone e delle imprese influenzano le emissioni di gas serra e dunque l’evoluzione futura del clima; dall’altro i mutamenti in atto influenzano le scelte degli stessi agenti economici che tentano di trovare strategie per la mitigazione e l’adattamento.
Per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico è quindi necessaria non solo una comprensione dei fenomeni naturali, ma anche un’analisi del funzionamento della società e del sistema economico.
In altri termini, la possibilità di individuare soluzioni al problema dipende dalla nostra capacità di fornire risposte a quesiti di natura economica e sociale, e non solo naturale.
Il settore della nostra economia maggiormente investito dal cimate exchange è, come prevedibile, l’agricoltura, che di per sé, rappresentando soltanto il 2% del toltale del valore aggiunto, non è un settore prevalente della nostra economia; tuttavia, svolge una funzione strategica in quanto prodromico ad altri settori quali l’agroalimentare, oltre a soddisfare circa l’80% del fabbisogno nazionale.
Circa l’agricoltura, dallo studio emerge che, l’aumento delle temperature è destinato a produrre scarsi effetti o nulli nei prossimi cinque anni mentre su un orizzonte cronologico più ampio le conseguenze rischiano di essere estremamente nocive comportando la riduzione dei raccolti e un calo della loro qualità (dovuto essenzialmente al prolungamento della cd “ondate di calore”)
Inoltre, si è rilevato che negli ultimi due decenni del Novecento, quando la frequenza di temperature giornaliere elevate (superiori a 28°C) ha cominciato ad accentuarsi significativamente, l’incremento di tale frequenza abbia influito negativamente sul valore aggiunto e sulla produttività non solo dell’agricoltura ma anche dell’industria.
A questo proposito è emersa una tendenza interessante: il riscaldamento globale pare produrre effetti diversi sulle imprese a seconda delle loro dimensioni; pressoché nulli su quelle più grandi, stante la loro capacità di modificarsi e adattarsi.
Inoltre, a parità di altre caratteristiche, le imprese localizzate in Comuni colpiti da frane o alluvioni hanno in media registrato una probabilità di fallimento superiore del 4,8% rispetto alle aziende in Comuni non colpiti.
Un altro dato interessante è rappresentato dalla capacità delle condizioni climatiche di incidere anche sulle prove d’esame degli studenti: gli effetti, peraltro, variano a seconda della materia, raddoppiando in caso di matematica rispetto alle materie letterarie.
Mettendo in evidenza il rapporto tra finanziamenti specifici destinati sostener politiche green e consapevolezza diffusa delle tematiche ambientali.
In particolar modo si evidenza come l’offerta di credito dedicato aumenta la propensione delle imprese in tecnologie ecosostenibili e che tale impatto è maggiore nelle aree in cui è più diffusa la consapevolezza circa i temi ambientali così come nelle aree in cui ad investire in cui l’operatore pubblico è maggiorante coinvolto in questi processi.
Fattore, questo, particolarmente interessante perché sottolinea, dati alla mano, come effettivamente sia possibile avviare “dal basso” la tanto invocata transizione ecologica prevedendo un ruolo centrale per gli Enti Locali e se opportunamente supportata dall’accesso al credito .
Un altro potente driver per gli investimenti in eco tecnologie è rappresentato dalla presenza di sussidi pubblici: aiuti di stato volti a supportare investimenti green rafforza e rende costante questa tendenza: infatti, quando si include nell’analisi la coscienza ambientale della popolazione locale, troviamo che solo le imprese ubicate in regioni appartenenti sia ai gruppi con un’elevata incidenza di incentivi verdi sia ad alta consapevolezza ambientale hanno maggiori probabilità̀ di realizzare investimenti sostenibili se la disponibilità̀ di credito aumenta. Questi risultati suggeriscono l’esistenza di una complementarità̀ tra credito bancario, sussidi pubblici e preferenze della popolazione nello stimolare investimenti sostenibili.
Banca d’Italia, in tal senso ricava due importanti indicazioni: la prima come la repentina riduzione dell’offerta di credito non solo può incidere negativamente circa la capacità delle imprese di accumulare risparmio ma anche su quella di adottare tecnologie sostenibili.
La seconda la seconda riflette il ruolo della coscienza ambientale della popolazione e degli amministratori locali: la capacità del credito bancario di incrementare la propensione a fare investimenti sostenibili è efficace solo in presenza di una cultura improntata alla consapevolezza ambientale che mira ad includere tra gli obiettivi di impresa la sostenibilità : fattore, questo, che richiede l’adozione di politiche mirate alla diffusione di tale consapevolezza con l’adozione di comportamenti proattivi da parte della popolazione
Un quadro complesso, insomma, ma che offre spunti interessanti e, soprattutto, sottolinea una volta di più che la riuscita di questo processo di transizione dipenda non solo da politiche internazionali ma anche da politiche locali rispetto alle quali ciascuno può incidere a cominciare dal ripensamento del rapporto personale con la propria comunità e col bene comune.